Studio Paci Caselli Abbri


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D. Lgs. 231 / 2001


Lo Studio ha partecipato alla redazione di alcuni modelli organizzativi (anche di società quotate) acquisendo una competenza specifica sul tema.

Alcuni Associati fanno parte di Organismi di Vigilanza ai sensi del D. Lgs. 231 / 2001.

Lo Studio Paci Caselli Abbri è stato chiamato, infine, dall’Associazione Industriali di Pistoia a partecipare all’organizzazione di un convegno sul tema che si è tenuto il 13 febbraio 2008.

Lo Studio resta a Vostra disposizione per ogni approfondimento e chiarimento in materia.




D.Lgs. 231/2001: Responsabilità amministrativa delle imprese.

Il Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante “
Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300” ha introdotto per la prima volta, nel nostro ordinamento, la responsabilità diretta degli enti in conseguenza della commissione di taluni reati, che si aggiunge a quella della persona fisica che ha realizzato materialmente il fatto illecito. In precedenza, il principio della responsabilità penale lasciava invece le persone giuridiche indenni da conseguenze sanzionatorie, diverse dall’eventuale risarcimento del danno, se ed in quanto esistente.
Tale responsabilità, derivante dall’accertamento di alcuni illeciti penali commessi da amministratori e dipendenti,
coinvolge il patrimonio degli enti, che può essere oggetto di rilevanti sanzioni pecuniarie, ma anche l’attività degli stessi enti, cui possono riferirsi sanzioni di natura interdittiva. La tipologia dei reati cui si riconnette la suddetta responsabilità, che in una prima fase di applicazione della norma era assai limitata, è stata progressivamente ampliata dal legislatore: si ricordano quelli relativi a reati con la Pubblica Amministrazione (tipicamente la corruzione o l’indebita percezione di contributi), i reati societari e, aggiunti di recente, quelli relativi alla sicurezza sui luoghi di lavoro (si sottolinea che in questo caso si tratta di reati “colposi” e non “dolosi”). Prossimamente, inoltre, la responsabilità in questione verrà probabilmente estesa ad altre categorie di reati, quali quelli tributari, quelli relativi al lavoro irregolare, i reati ambientali o quelli relativi alla corruzione nel settore privato.
Le sanzioni che colpiscono gli enti e le società, per gli
illeciti amministrativi dipendenti dai reati sopra citati, sono:
la
sanzione pecuniaria, che è sempre prevista, e varia da un minimo di 25 mila euro a un massimo di 1,5 milioni di euro;
la
confisca del prezzo o del profitto del reato, ottenuto dall’ente o dalla società;
le sanzioni interdittive che, previste per i casi giudicati di più rilevante gravità, possono articolarsi nell’applicazione di una o più delle seguenti misure:
l’
interdizione dall’esercizio dell’attività;
la
sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
il
divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di pubblici servizi;
l’
esclusione o la revoca da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi pubblici;
il divieto di pubblicizzare beni o servizi;
la
pubblicazione della sentenza, prevista solo nei casi in cui trovino applicazione le sanzioni interdittive.
Gli enti possono eliminare o ridurre l’addebito di tali responsabilità se adottano ed attuano efficacemente unmodello organizzativo idoneo a prevenire i reati e se affidano a unorganismo di vigilanza il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del modello.
Per i reati commessi, nell’interesse o a vantaggio dell’ente, dalle persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione, nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dell’ente o società,
l’ente non risponde se prova che:
a) l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
b) il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli, nonché di curare il loro aggiornamento, è stato affidato ad un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;
c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;
d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza, da parte dell'organismo di cui alla lettera b).
Per i reati commessi da
persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di una delle persone in posizione apicale (soggetti che la norma definisce come sottoposti all’altrui direzione), il comma 2 dell’articolo 7 prevede che l’ente non risponde se, prima della commissione del reato, ha adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.
In entrambe le ipotesi, è quindi chiaro che il
modello organizzativo assume un ruolo di estremo rilievo, in quanto dalla sua efficace adozione dipende la possibilità di positiva difesa, della società o dell’ente, in sede di procedimento penale, al fine di non incorrere nelle sanzioni previste.
Considerato che la tipologia dei reati che comportano l’addebito delle responsabilità in questione è sempre più ampia, che tali reati (essendo anche di natura colposa) non sono purtroppo infrequenti, che le sanzioni previste sono di una gravità tale da rischiare di compromettere anche la prosecuzione dell’attività aziendale,
si consiglia di effettuare una valutazione dei rischi di tale natura esistenti nella vostra impresa al fine di intraprendere, di conseguenza, le più opportune misure di salvaguardia.



P. Iva 01498700473 | Lorenzo.paci@studioassociatopca.it

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